GRUPPO TEATRALE SNS

Uccelli

di Aristofane

Spettacolo

Mercoledì 12 giugno

}

21

Cinema Lumière

Durata: 80 minuti

v

Lingua: italiano

9

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Teorie e pratiche del teatro universitario in Europa

C

Dettagli

con Marco Signori, Giorgio Di Domenico, Raffaele Bernini, Giovanni Andrisani, Claudio B. Maggi, Silvia Speriani, Annamaria Azzarone, Marcello Reggiani, Giorgio Motisi, Nicola Barbagli
tecnica Francesco Morosi
traduzione Margherita Nimis, Giovanni Andrisani, Raffaele Bernini, Leon Battista Borsano, Louise Brouard, Nicolò Campodonico, Marco Catrambone, Sara Cusset, Leonardo D’Addario, Federico Della Rossa, José Alberto Diaz Valero, Loris Donda, Stefano Fanucchi, Angelo Gargiulo, Mario Mascioletti, Francesco Morosi, Ilaria Ottria, Leyla Ozbek, Antonio Papapicco, Martina Piccinato, Giovanni Vaglini
artwork Filippo Bosco

regia
 Gruppo Teatrale della Scuola Normale
supervisione artistica Alessandro Maggi

fact.sns.it/compagnie/gruppoteatralesns

C’era una volta, in un mondo inesistente… Aristofane, l’autore più politico del teatro classico, proietta gli spettatori degli Uccelli in una dimensione fantastica, senza luogo e senza tempo, lontana dall’attualità ateniese. Pisetero ed Evelpide si sono stancati del mondo degli uomini, e fuggendo da Atene incappano nel regno degli uccelli, un luogo sospeso a mezz’aria, a metà strada fra la terra e il cielo degli dei. Pisetero, allora, ha un’idea geniale: sfruttare la posizione strategicamente vantaggiosa per creare un blocco commerciale – i sacrifici degli uomini non arriveranno più agli dei, se gli uccelli non lo vorranno. Ne nasce una vera e propria guerra di dazi, che degenera presto in una guerra santa: l’unica condizione per riaprire i mercati è che Zeus e gli altri dei cedano la sovranità a Pisetero e agli altri uccelli. Stremati dalla fame, gli Olimpi accettano, e Pisetero diventa il nuovo Altissimo. 

Ben lungi dal disegnare i contorni di un’utopia, gli Uccelli sono il racconto di un incubo distopico: che succede se un uomo arriva finalmente in uno spazio incontaminato, libero finalmente dai vincoli di una società ingiusta e corrotta? La risposta di Aristofane è scoraggiante: l’uomo finirà per corromperla a sua volta, trasformandola a sua immagine e somiglianza. Così fa Pisetero: giunto in un luogo di pura libertà – uno spazio in cui non esistono sottomissione o supremazia, in cui non esistono nemmeno i principi basilari di dominio economico – non assume la natura degli uccelli, ma inesorabilmente impone una nuova supremazia, basata proprio sull’esportazione dell’ingiustizia e della disuguaglianza. Da qui nasce l’idea di trasformare un luogo senza confini in una città fortificata: l’individualismo e la sua traduzione economica – la proprietà – sono, ci dice Aristofane, parti incancellabili della natura umana. Gli Uccelli sono così una fantasia di potere: la creazione di una nuova individualità e la sua imposizione violenta sul resto del mondo.

C’era una volta, in un mondo inesistente… Aristofane, l’autore più politico del teatro classico, proietta gli spettatori degli Uccelli in una dimensione fantastica, senza luogo e senza tempo, lontana dall’attualità ateniese. Pisetero ed Evelpide si sono stancati del mondo degli uomini, e fuggendo da Atene incappano nel regno degli uccelli, un luogo sospeso a mezz’aria, a metà strada fra la terra e il cielo degli dei. Pisetero, allora, ha un’idea geniale: sfruttare la posizione strategicamente vantaggiosa per creare un blocco commerciale – i sacrifici degli uomini non arriveranno più agli dei, se gli uccelli non lo vorranno. Ne nasce una vera e propria guerra di dazi, che degenera presto in una guerra santa: l’unica condizione per riaprire i mercati è che Zeus e gli altri dei cedano la sovranità a Pisetero e agli altri uccelli. Stremati dalla fame, gli Olimpi accettano, e Pisetero diventa il nuovo Altissimo. 

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