Un luogo d’incontro.

«Buio, luce, azione»:
il teatro in carcere.

La cultura per scoprirsi.

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Il teatro: un mezzo, oltre che un fine

Dal 2018, fActors, il Gruppo Teatrale della Normale e la SNS sono impegnati in una nuova attività: un laboratorio teatrale congiunto con i detenuti della Casa circondariale Don Bosco di Pisa.
Il laboratorio, tenuto dai formatori dell’associazione I Sacchi di Sabbia con la supervisione dell’Area educativa del Don Bosco e sotto la direzione di Francesca Censi, ha l’obiettivo di fare incontrare, attraverso il gioco della recitazione, due esperienze di vita diverse, separate da una linea d’ombra apparentemente invalicabile.
È possibile che la cultura (in questo caso, nella forma del teatro di Shakespeare) possa essere un punto in comune tra persone con esperienze così diverse da sembrare agli antipodi?

Cinque normalisti (tre ragazzi e due ragazze) hanno preso parte, una volta alla settimana, alle prove del laboratorio teatrale del Don Bosco, insieme a una decina di detenuti. Obiettivo del laboratorio era mettere in scena il primo atto della Tempesta di Shakespeare: una storia di prigionia e di esilio, e una storia sul potere dei libri.
Nel giro di poche ore, le due parti non esistevano più. La cultura è stata una scusa, nel senso migliore del termine: una scusa per ritrovarsi e parlare di sé – e parlarsi. Tra detenuti e normalisti si è instaurato un dialogo che ha superato le barriere esistenziali, e anche Shakespeare: la linea d’ombra tra gli uni e gli altri si è assottigliata, fino a scomparire in un cono di luce e di amicizia.

 

 

 

La tempesta dentro
Il teatro in carcere

 

 

 

La tempesta dentro
Il teatro in carcere

Foto: courtesy Andrea Valtriani per La Nazione

Antonia Casini per La Nazione (8 dicembre 2018)

«Buio, posizione, azione». Parte l’immaginazione che porta lontano, almeno per un po’. Non c’è bisogno del sipario, qui si recita ma non si finge. Siamo dentro, non fuori. E allora si inscena la Tempesta per non sentirla fin nelle ossa.

Venerdì, giorno di prove del laboratorio tenuto nella casa circondariale Don Bosco di Pisa da ‘Sacchi di sabbia’ in collaborazione con la Scuola Normale, nella gelida sala polivalente. Eppure, qualcuno dei detenuti è in maniche e pantaloncini corti, sono abituati al freddo. La prossima settimana si esibiranno davanti agli altri concellini, un pubblico molto più sincero dell’altro esterno. Non si inganna. Interpretano Shakespeare. Cantano, si muovono, ridono, guidati da Francesca Censi e Carla Buscemi, su un tema attuale. Con loro, alcuni studenti della struttura di eccellenza di Piazza dei Cavalieri: Francesco Morosi, Chiara Schirato, Silvia Speriani e Giorgio Motisi fanno parte della classe di Lettere. Poi c’è Matteo Ambrosetti che invece frequenta quella di Chimica.

«Un modo per non concentrarsi sempre sulla stessa routine nell’istituto e per conoscerci», commenta Alessandro. Diouf Papa e Marong stanno insieme sul palco, un duo che funziona, anche perché, come spiega il secondo, hanno «provato più volte». Questo si insegna: impegno, continuità, un obiettivo in giornate tutte uguali. Rieducare e reinserire passando anche dai corsi tenuti dai volontari. «Evadiamo dalla realtà», aggiunge il primo. «Un momento che ti dà cultura e confidenza con gli spettatori», prosegue Rini. Amin è la seconda volta che partecipa a un’esperienza simile ed è tornato per «la bella compagnia». Makra sottolinea «la collaborazione del gruppo che si è formato». I 45 minuti di prove scorrono veloci, il tempo qui è diverso. A volte si dilata, altre vola.

«Nel carcere di Pisa abbiamo una scuola di teatro stabile da 8 anni, grazie anche a un contributo regionale e della Fondazione Pisa», dice Francesca Censi, docente con Gabriele Carli. L’anno scorso l’incontro con la Normale. «Avevamo realizzato un lavoro su Don Milani e alcuni studenti sono venuti a vedere lo spettacolo». «Ci è piaciuto – afferma Francesco Morosi – e così abbiamo chiesto alla Scuola di poter realizzare qualcosa insieme». Ne è nato un progetto sperimentale. «Che speriamo si possa ripetere». La lezione finisce, chiude Chiara su un palco che non c’è: «Così la vostra indulgenza metta me in libertà».

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